Discussione Pubblica sulle Riforme Costituzionali

Forma di Governo

Tra gli elementi rilevanti su questo tema: modalità di elezione, durata e funzioni del Capo dello Stato; rapporti tra Capo dello Stato, Governo e Parlamento, individuazione e poteri del capo del governo; nomina e revoca dei Ministri; gestione di crisi politiche e modalità di fiducia/sfiducia.

PARTECIPAZIONE E TRASPARENZA CONTRO POPULISMO E ANTIPOLITICA

I principali pericoli che incombono sulla democrazia sono il populismo e l’antipolitica. Gli italiani spesso hanno sperato nell’uomo della provvidenza di turno (salvo disconoscerlo dopo un ventennio di disastri). E comunque spesso credono che la politica sia un optional, che dovrà pure esserci qualcuno che vuole occuparsene, che comunque i politici devono essere efficienti e onesti (salvo arrabbiarsi molto quando si accorgono che non lo sono).
Per questo sono contrario ad ogni modifica della Costituzione che attribuisca a una sola persona (quand’anche scelta dal popolo) poteri maggiori di quelli attuali.
Oltretutto l’efficienza decisionale forse è un valore economico, ma certamente non è, di per sé, un valore politico e sociale. Procedure più complesse garantiscono maggiore ponderazione nella formazione delle decisioni che riguardano il bene comune.
La nostra classe politica non soltanto ha lasciato trascorrere inutilmente oltre mezzo secolo senza dare concreta attuazione alla Costituzione più bella del mondo; ma è arrivata a mettere in discussione la necessità di dimissioni di un proprio membro non soltanto indagato, ma condannato a titolo definitivo, dopo tre gradi di giudizio. Davanti a tali manifestazioni di inettitudine e disonestà non si possono nemmeno prendere in considerazione ipotesi di attribuzione di maggiori poteri.
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Forma di governo e ruolo primo ministro

Il potere costituente oggi è esaurito. Significa che ci può essere solo un potere che espande, perfeziona, garantisce ulteriormente i diritti stessi o che modifica parti diverse e non inviolabili della costituzione e che quindi, tale potere, “come continuamente attivabile nel ciclo delle generazioni, può essere concepito solo come potere di revisione” entro un quadro complessivo già dato.
Le costituzioni non si possono riscrivere e modificare per introdurre dei “mali minori”: perderebbero il loro senso di esistere, il loro orientamento verso un progetto capace di determinare le garanzie fondamentali di ogni cittadino nel presente e nel futuro.
Il male minore rischia poi di installarsi, di divenire concetto permanente anziché nomade, con esiti e danni collaterali che possono esser devastanti, non subito ma nel lungo periodo.
Mitigare l’iniquità agendo dal suo interno, in effetti, produce insidie che la Arendt spiega bene: “Lungi dal proteggerci dai mali maggiori, i mali minori in politica ci hanno invariabilmente condotti ai primi”. Sarebbe un errore immenso spostare nella dimensione costituzionale , problemi ai quali, per incapacità del legislatore, non si riesce a dare una risposta mediante la politica ordinaria. La legge elettorale non può essere una legge costituzionale, ma ordinaria.
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Premesso che se proprio necessario la revisione della Costituzione va fatta nella rigorosa osservanza dell'art.138 della Carta, a nostro avviso un articolo importante della Costituzione da modificare sarebbe, a ns/ avviso, l'Art.27 (che recita: la responsabilità penale è personale))

Al fine di rendere concreta ed efficace la lotta all'evasione fiscale necessita ripristinare anzitutto nel nostro Codice Penale il reato di falso in bilancio (depenalizzato nel 2002) ed inasprire le pene edittali a molti anni di galera( anche 20 anni) come avviene nel diritto anglosassone, nell'ambito del quale tale reato viene considerato gravissimo perchè è a danno dell'intera collettività nazionale. .
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NUOVA COSTITUZIONE

Il grave e persistente conflitto istituzionale e l'indegno comportamento della classe politica hanno raggiunto livelli che minacciano la stabilità della nostra fragile democrazia. È tempo che il popolo italiano, a oltre centocinquant'anni dalla nascita dello Stato unitario, mostri la sua maturità e rivendichi finalmente la propria sovranità assumendo quelle drastiche decisioni che non può più illudersi di delegare a coloro che hanno fatto della politica una professione tanto male esercitata. È, infatti, chiaro a tutti che nessuna seria e radicale riforma istituzionale potrà mai essere realizzata da una casta politica privilegiata, chiusa nei suoi giochi di palazzo, garantita da una costituzione blindata e sorda alle istanze che vengono dalla parte più responsabile e attenta della popolazione.
Perciò, urge provvedere celermente a formulare una nuova Carta costituzionale. Essa, mantenendo i valori perenni iscritti nell'attuale legge fondamentale (peraltro mai sottoposta al giudizio popolare) che trovano la propria radice nel Risorgimento nazionale che ha condotto all'Unità d'Italia, ne qualifichi meglio gli ideali e i valori di riferimento e fornisca le linee guida per una nuova architettura istituzionale dello Stato adeguata alla mutata situazione storica, economica, sociale e culturale dell'Italia e dell'Europa.
In un Paese autenticamente democratico, il Parlamento non può definitivamente vincolare i posteri con una Costituzione che il popolo non possa neppure modificare. È così in Italia, la cui Costituzione è stata approvata da un'Assembla i cui componenti in gran parte hanno formato il Parlamento anche in più legislature successive. Essa non è mai stata approvata dal popolo del quale, a parole, ne riconosce la sovranità (Cost. art. 1, comma 2) ma contestualmente la limita. Inoltre, è impossibile che, per volontà di popolo, la Carta costituzionale possa essere sostituita da un'altra ed è altresì estremamente difficile, per non dire di fatto impossibile, modificare per iniziativa popolare quella vigente per effetto del comma 3 dell’art. 138 che così recita: «Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata, nella seconda votazione, da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.» Di fatto, ogni eventuale modifica della Legge fondamentale della Repubblica è possibile solo per via parlamentare, attraverso una procedura e con maggioranze tali da rendere qualsiasi iniziativa estremamente ardua. A ciò si aggiunge l'avversione dei partiti, più volte palesata, a qualsiasi mutamento che ne minacci lo strapotere. Pertanto, appare estremamente chiaro che la “sovranità” popolare, così solennemente riconosciuta dall'art. 1 della Costituzione, è soffocata dalle norme che ne prevedono le modifiche non in base alla volontà e all'interesse dei rappresentati, ma ad arbitrio dei rappresentanti.
Oltre a non essere di fatto possibile modificare per via popolare il testo della Carta costituzionale, non è altresì possibile modificare altre norme di legge ordinarie, creando così un ulteriore vulnus alla sovranità del popolo italiano impossibilitato ad esprimersi per via referendaria dal comma 2 dell’art. 75 che impedisce qualsiasi tentativo di ribellarsi a norme che contrastino con principi elementari di Scienza delle Finanze o palesemente inique o comunque potenzialmente invise alla maggioranza della popolazione: «Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.» Il potere reale resta, così, nelle mani di un ristretta casta parlamentare che, sempre per imposizione costituzionale, non risponde al suo elettorato non avendo vincolo di mandato, ma alle segreterie dei partiti che ne hanno consentito l'elezione.
Il mondo e le circostanze sono in continua evoluzione e le correnti di pensiero mutano nel tempo. Ciò che può essere ritenuto giusto e conveniente in un determinato frangente della storia può apparire ingiusto o inutile in un altro. In questi casi chi è legittimato a decidere, i viventi o morti che hanno redatto una Costituzione estremamente rigida e rimasta, nella sostanza, pressoché inalterata dal 1947? Oggi, in conseguenza di una martellante e subdola informazione di regime, più raffinata e non meno efficace di quella dei persuasivi organismi propagandistici comunisti, fascisti e nazisti, il cittadino italiano contemporaneo pensa di non poter affatto contrastare lo Stato quando questo emana leggi inique perché in contrasto con il comune sentire e con l’esercizio della sovranità popolare. Per manifestare illusoriamente il proprio dissenso si rifugia nel non voto, un'arma non meno spuntata del voto, in quanto non modifica minimamente la situazione.
Gli Italiani non sono barricadieri, ma non per questo rinunciano ad essere arbitri del loro futuro. È tempo di mostrare all'Europa e al mondo che noi, memori della nostra storia della quale siamo fieri, non rinunciamo alla nostra dignità, alla nostra civiltà e alla nostra libertà. A un secolo e mezzo dalla formazione dello Stato unitario e a quasi settantant'anni dalla fine della dittatura fascista, è tempo di dimostrare che gli Italiani sono decisi a rivendicare il loro diritto ad una democrazia compiuta.
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Pesi e contrappesi: una ricetta che sembra funzionare.

Per scegliere la forma di governo occorre guardare ai sistemi che, storicamente, hanno dato prova di essere più funzionali a salvaguardare, da un lato, il principio democratico e, dall'altro il sistema delle garanzie, della tutela della minoranza e dell'indipendenza dei poteri. Il sistema inglese, il sistema statunitense e quello francese della V repubblica sono forse i modelli a cui ispirarsi.
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UNA FIGURA DI PREMIER PIU' FORTE,ADEGUATA LEGGE ELETTORALE, ELEZIONE DIRETTA DEL CAPO DELLO STATO

Il nostro attuale sistema che priva sostanzialmente il presidente del Consiglio di qualsiasi potere effettivo è figlio della paura del ritorno della dittatura e quindi del fatto che una figura forte potesse prendere il sopravvento. Questo poteva andare bene nel 1948, ma credo che i tempi siano maturi per cambiare, stante la conclamata incapacità di portare a termine governi di legislatura.
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